Road to Nordkapp

Verso Nordkapp - L'andata

LA PARTENZA

Passano i mesi e finalmente arriva il giorno della partenza. Tutti i dubbi, le speranze, le idee e i sacrifici fatti per rendere possibile il viaggio svaniscono appena si monta sulla moto, si lascia dolcemente la frizione e si comincia lentamente ad accelerare. Tutto scompare e davanti si ha soltanto una lunghissima linea di asfalto da percorrere, un tracciato che porta verso il proprio sogno. È questo mix di emozioni che mi fa amare follemente il viaggio in moto, la vera e proprio essenza dell’avventura. Sono pronto, la moto pure e lo spirito è a mille, mi sento la persona più fortunata del mondo.

Io, la mia moto, i miei risotti liofilizzati, il mio conto in banca a due cifre, la mia libertà. 

Cominciano così i primi chilometri, con il formicolio allo stomaco e tre compagni che mi scortano fino alla prima tappa in Germania, Bamberga. Il plotone è così composto: io con la mia BMW F 800 GS, Andrea (mio fratello) con il suo fedele Suzuki VStrom 650, Cox con la stessa moto e Mauro, con un VStrom 1000 nuovo di zecca. Tutti personaggi da più di 70 mila km di moto alle spalle; il più fresco sono io ed infatti prendo costantemente la paga da loro che di moto vivono da dieci anni. Se gli si chiude la vena, impossibile stargli dietro e il dito nella piaga ce lo mettono sempre… 

CHI BEN COMINCIA...

Il caldo è torrido, intorno ai 40 gradi e per colpa di quest’ultimo la mia moto comincia già dal primo giorno a dare problemi. La peggiore delle nemesi motociclistiche si avvera: nel bel mezzo dell’autobahn tedesca la GSina inizia a borbottare e, dopo qualche secondo, il motore si ferma. Si ferma nel centro di autostrada a tre corsie, panico. Comincio a pensare velocemente a cosa fare, mentre le auto sfrecciano a destra e a sinistra e la moto pian piano rallenta sempre di più. Scopro così che ha un problema più o meno noto con lo sfiato serbatoio. Le soluzioni possibili sono due: aspettare che la benzina si raffreddi o fare il pieno in modo da raffreddare quella già all’interno. Sono quindi costretto per tutto il viaggio a fermarmi ogni 150 km circa per fare il pieno, un po’ come un cinquantino. 

Non è proprio un bell’inizio, ma non sarà di sicuro questo a fermarmi. Nel frattempo, per cercare di tenere il serbatoio fresco lascio il tappo aperto sperando che risolva momentaneamente il problema. Usciamo dall’autobahn e finalmente troviamo un distributore che pone fine all’agonia. Gli ultimi chilometri della tappa continuano attraverso una bellissima statale tedesca nel bel mezzo della campagna. Purtroppo ho pochissimi ricordi di questo tratto, troppo arrabbiato e deluso per potermi godere appieno la strada. Dopo più di 600 km arriviamo a Bamberg, liberiamo le moto dai bagagli e andiamo a goderci la tanto meritata birra affumicata tipica del luogo. Domani per me parte il vero viaggio, i miei accompagnatori torneranno in Italia e per me comincerà la vera avventura.

Il giorno dopo, con la sfiducia nella moto che fa a botte con la mia forza di volontà, parto in direzione Danimarca. I primi 1800 chilometri scorrono velocemente, la voglia di sbarazzarmi il più presto possibile dell’autostrada ed entrare nella tanto sognata Scandinavia è alta. 

STORIE DI GRANDI SCELTE: LA TENDA TRAFORATA E IL SACCO A PELO ESTIVO

Arrivo in Danimarca prendendo il primo dei tanti traghetti che mi aiuteranno ad attraversare le tratte marine. Qui dimostro in pieno le mie famose doti di navigatore, le decine di minuti perse a cercare la moto parcheggiata chissà dove negli enormi traghetti sono un terribile ricordo che ancora adesso mi porto dietro  (non sto scherzando, sia chiaro, mi sono letteralmente perso 3 volte su 8 traghetti diversi…).

La Danimarca è unita alla Svezia dall’Øresund, un ponte che dopo 7 km si immerge nel Mar Baltico diventando un tunnel sottomarino, congiunti da un’isola artificiale appositamente creata. Sapere che sopra di te ci sono 10 metri di acqua fa uno strano effetto… Ed è proprio quando entro in Svezia ed il clima si fa più freddo che mi rendo conto troppo tardi di aver fatto male i conti. Di notte si gela sfiorando i 3 gradi e io, da gran testone quale sono, ho portato una tenda estiva traforata e un sacco a pelo per temperature non inferiori ai 15 gradi… Le nottate insonni a congelare mi faranno compagnia per tutto il nord Europa e la pioggia è una costante indimenticabile per 14 giorni su 18 di viaggio totali. In veneto si dice: sveiabauchi scantamacachi, direi che coincide alla perfezione con me! 

NORVEGIA, IL PARADISO DEL NORD

Non esistono parole adatte per descriverla, enormi fiordi che solcano una terra colma di laghi e torrenti, tutto incorniciato da cascate e pendii che si innalzano verticalmente per centinaia di metri. Un esempio lampante è il Preikestolen (Pulpito di Roccia), una enorme parete rocciosa alta 608 metri che si butta a capofitto nel Lysefjord. La scalata per arrivarci dura qualche ora, una scivolata sarebbe fatale ma la vista da sopra è impagabile (per maggiori dettagli e foto sulla scalata clicca QUI e leggi il mio racconto). 

SNOW ROAD E TROLLSTIGEN, LE PIÙ BELLE STRADE DEL MONDO

La via è sempre ricca di monumenti e costruzioni interessanti, come la chiesa di Heddal che risale ai primi del XII secolo ed è completamente in legno.

Uno dei luoghi che più mi ha lasciato il segno è la Snow Road (Aurlandsfjellet), che ricorderò per sempre come i 48 km più belli di tutta la mia vita. Questa strada si erge nel bel mezzo di paesaggi surreali, quali colline innevate e bucherellate da un’infinità di laghi o da catene rocciose paragonabili a miraggi lunari. Di certo non la dimenticherò mai. La cosa incredibile è che più ci si addentra in questa terra meravigliosa, più la si ama. Un continuo sali scendi che non stanca mai, come la Trollstigen, tradotto “La scala dei troll” o anche “La strada delle aquile”, una tortuosa e ripida strada che sovrasta un fiordo spettacolare. Peccato solo per il traffico, è una meta molto frequentata 

Voglioso di un letto caldo in cui dormire, decido il quinto giorno di viaggio di alloggiare in un dormitorio comune di un ostello. La ragazza della reception mi avverte che l’intera casa è occupata da una comitiva di cinesi, circa una trentina, e che avrei dormito in una stanza da sei con cinque di loro. Ed ecco l’esatto momento in cui rimpiansi la tenda, il freddo, l’acqua e la neve. Appena entro in casa un odore indecente di fritto e cipolla mi ammazza, nel dormitorio non potevo spegnere la luce perché “a noi piace dormire con la luce accesa tutta la notte” e, come se non bastasse, impossibile dormire. La mia vicina di letto, una ragazza minuta e molto carina, russa come una mietitrebbiatrice nel bel mezzo della peggiore delle stagioni di raccolta. Mi metto le cuffie e comincio ad ascoltare il metal più scassatimpani che ho nel lettore, ma non basta. Riapro gli occhi alle 5:30 del mattino e comincio a fare i bagagli (facendo più rumore possibile…) e scendo in cucina per fare colazione. Entro in cucina e vedo una anziana cinese intenta a friggere qualcosa: mi passa l’appetito. Mia cara tenda estiva, mia amata pioggia, non mi lamenterò mai più di voi. Mai. 

L'ATLANTIC OCEAN ROAD E IL CIRCOLO POLARE ARTICO

Verso il centro della Norvegia arriva la famosissima Atlantic Ocean Road, un percorso di circa 8 km che unisce vari isolotti di un arcipelago bagnato dall’oceano Atlantico. Parte importante di questa opera architettonica è il ponte Storseisundet, creato per evitare le violente onde dell’oceano. Con la sua imponente curvatura e l’altezza di 23 metri dal suolo, crea un effetto visivo molto suggestivo. Per questo motivo che è considerata una delle strade più pericolose al mondo. Infatti in caso di forti temporali, diventa pressoché impraticabile a causa delle enormi onde e dei venti che si vanno a creare, combinati alle forti pendenze del ponte. 

Nel frattempo le giornate si allungano sempre di più a causa della vicinanza al polo Nord, sabotando il proprio orologio biologico. In agosto si toccano le 22 ore di sole contro le due di buio e queste ultime altro non sono che una leggera penombra. Le temperature sono sempre più basse, la pioggia non mi da tregua e la tenuta anti-acqua diventa parte integrante del mio outfit motociclistico, ma alla fine ci si fa l’abitudine e non diventa un peso, tranne quando bisogna montare la tenda… E’ il 7 agosto e il termometro della moto segna 4°C

Dopo otto giorni di viaggio supero il Circolo Polare Artico. E’ una strana sensazione, sai di essere tanto distante da casa e la cosa un po’ fa paura, ma poi ti rendi conto che la meta è sempre più vicina e l’adrenalina sale sempre di più.

ADOTTARE SOLUZIONI PUNK PER SOPRAVVIVERE

Come già anticipato, per quanto riguarda il cibo mi arrangio come posso. Appena si mette piede in Scandinavia ci si rende subito conto del costo proibitivo della vita, ma è in situazioni del genere che il genio spunta fuori. Ed ecco allora che, per evitare di non avere più i soldi per tornare a casa e cominciare a vivere di pesca in un fiordo norvegese, i miei pranzi raggiungono vette ragguardevoli:

– Confezione ignorante di 100 fette di salame di dubbia provenienza geografica e morale, stagionate nel bauletto della moto per giorni;

– Confezione ignorante di 100 fette di formaggio di qualche animale scandinavo, probabilmente con numero di zampe superiore a sei;

– Confezione ignorante di 50 fette di pane strano ma buono.

Tutto questo acquistato nei peggiori supermercati Norvegesi, che Eurospin levati proprio. Ed è qui che il mio genio si eleva ad un livello superiore e, stanco di mangiare panini freddi, decido di scaldarli con lo scarico della moto. Preso da un’infinita ispirazione degna del miglior Dante, scrivo quest dotte righe semicitando Ungaretti. Prof. di Italiano, sareste fiere di me: 

Si sta come

a pranzo

sullo scarico

il panino.

Semi-cit. Ungaretti.

Il pranzo dei campioni, scaldato nel migliori dei modi, a 4002 km da casa. Ecco come adottare soluzioni punk per sopravvivere ai costi proibitivi della vita in Norvegia, senò no se torna mia casa eh! Degrado come stile di vita <3

ISOLE LOFOTEN

Attraversato il centro della Norvegia raggiungo con un traghetto le isole Lofoten, un arcipelago paradisiaco noto soprattutto per la pesca dello stoccafisso.

Qui conosco due motociclisti italiani, Luca e Marcoe le loro BMW GS 1200, con i quali condivido circa 500 km di strada. Constatando il mio modo vagabondo di viaggiare e probabilmente scossi da un senso di pietà nei miei confronti (:P), mi offrono la cena in un ristorante in riva all’oceano. Che strano il sapore di qualcosa di buono dopo giorni e giorni di risotti liofilizzati e porcherie da supermercato di bassa lega… In tanti mi chiedono: “Ma non ti senti solo a viaggiare senza compagnia? Non hai paura?” E perché dovrei? Un motoviaggiatore che sceglie di girare il mondo in solitaria sa che la compagnia la si trova in viaggio e, spesso e volentieri, tutte persone straordinarie che si incontrano durante il percorso e che si fanno in quattro pur di aiutarti. 

Undicesimo giorno di viaggio. Mi sveglio agitato, oggi è il grande giorno. Parto da Birtvarre, la meta dista solo 390 km e, almeno oggi, il sole riesce a vincere le nubi nordiche.

Nordkapp è sempre più a portata di mano e più ci si avvicina, più il paesaggio si spoglia dagli alberi lasciando spazio a rocce, praterie e laghi. 

Finalmente si iniziano a vedere le prime renne. Perché finalmente? La Norvegia è costellata di cartelli che indicano la presenza di questi animali, fin da quando si entra nello stato. Il problema è che non se ne vedono mai, quasi si pensa che non esistano. Poi ti butti negli ultimi 200 km verso capo nord e ne sbucano da ogni dove. Peccato siano poco sveglie come le lepri e abbiano manie suicide tipo i gatti, questo significa che nel primo caso prendono paura subito e corrono in mezzo alla strada, nel secondo scelgono sempre il momento meno opportuno per farlo. Considerando la loro stazza (circa 150 cm di altezza arrivando a pesare fino a 300 kg), vederne sbucare una all’improvviso crea sempre un poco piacevole effetto sorpresa. 

NORDKAPP - 71°10′21″N 25°47′40″E

Dopo un sacco di esperienze uniche, 5726 km e undici giorni di viaggio, eccolo: Nordkapp.

Tanti mesi di attesa, studio dei percorsi, preparazione della moto e tanta ansia, le emozioni che si provano sono indescrivibili. È strano, guardi per giorni e giorni il tracciato che hai deciso di fare, guardi le foto di chi ci è già stato, pensi a quanto sia distante, a che avventura sensazionale sarà e nel frattempo la testa si riempie di dubbi. Il clima, il tempo, i soldi, essere da soli… E poi, quando finalmente arrivi e quella lunga linea di asfalto che unisce casa dal punto prefissato è stata percorsa tutta, la mente si svuota. Alla vista del cartello “Nordkapp” comincio a piangere come un bambino e tutto il peso dei dubbi accumulati svanisce di colpo lasciandomi con un solo ed unico pensiero: ce l’ho fatta.

Caso vuole che per tutto il giorno non abbia mai piovuto. Arrivo alle 15 sotto l’immobile sfera di metallo che caratterizza la rupe più a nord dell’Europa continentale, tempo di fare qualche foto ed ecco che ricomincia a diluviare. Un vento fortissimo mi accompagna fino a 300 km sotto Capo Nord, più volte devo fermarmi per non rischiare di cadere. Decido di dormire nelle caratteristiche Hytte scandinave. Oggi me lo merito

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